lunedì 29 dicembre 2014

IL DILUVIO UNIVERSALE DESCRITTO NELL'EPOPEA DI GILGAMESH




tavoletta XI dell'epopea di Gilgamesh, la tavoletta
dedicata al diluvio universale.
Nell'articolo EPOPEA DI GILGAMESH (riassunto dell'opera) ho sintetizzato il contenuto delle dodici tavolette che compongono il poema epico babilonese dedicato al mitico sovrano di Uruk. In questa occasione esporrò il contenuto della Tavoletta XI, quella dedicata all'epica di Utnapishtim, l'eroe babilonese del diluvio, evidenziando il parallelismo con il racconto biblico di Noè.
Nella cultura babilonese Utnapishtim è l'eroe pluricentenario che sopravvisse al diluvio scatenato dagli dèi come punizione divina. Utnapishtim raccontò a Gilgamesh la sua storia, rievocando il tempo in cui gli dèi bramarono di distruggere l'umanità. Il motivo di tale punizione non è rivelato in questa tavoletta, ma viene chiarito in molti altri testi della millenaria cultura mesopotamica. In seguito a questa scoperta vennero alla luce descrizioni del diluvio addirittura precedenti. Questi reperti dimostrarono che il diluvio descritto nel poema babilonese di Gilgamesh era in realtà una rielaborazione dei miti contenuti nell'ATRAHASIS (grande saggio) e nell'EPICA DI ZIUSUDRA, entrambi di gran lunga precedenti alla composizione della Sacra Bibbia. Da queste fonti si evince la motivazione che spinse Enlil a voler distruggere l'umanità. Le persone sulla terra erano diventate così numerose da disturbare il sonno degli Dèi con il loro baccano, così Enlil adirato, riunì il consiglio superiore presieduto da An (dio del cielo e padre degli Anunnaki), Ninurta (dio del vento del sud) ed Ennugi (dio dei canali d'irrigazione). Insieme decisero per la fine del genere umano.


(Epopea di Gilgamesh-tavoletta XI)
La decisione del consiglio divino
Utnapishtim parlò a lui, a Gilgamesh:
"Una cosa nascosta, Gilgamesh, ti voglio rivelare,
e il segreto degli dei ti voglio manifestare.
Shuruppak - una città che tu conosci,
che sorge sulle rive dell'Eufrate -
questa città era già vecchia e gli dei abitavano in essa.
Bramò il cuore dei grandi dei di mandare il diluvio.
Prestarono il giuramento il loro padre An,
Enlil, l'eroe, che li consiglia,
Ninurta il loro maggiordomo,
Ennugi, il loro controllore di canali;
Ninshiku-Ea aveva giurato con loro.

(fonte traduzione http://www.homolaicus.com/storia/antica/gilgamesh/tavola_11.htm#com1)


Enki, dio del sottosuolo e fratello di Enlil
Tuttavia Enki, dio della sapienza, non era favorevole alla decisione degli Anunnaki capeggiati dal fratello Enlil e decise di avvisare Utnapishtim dandogli anche le istruzioni per costruire un'arca. Per farlo usò uno stratagemma abbastanza strano. Per non tradire la decisione presa segretamente dal consiglio degli Anunnaki, non parlò direttamente ad Utnapishtim, ma rivolse il suo discorso al muro della casa in cui quest'ultimo abitava, fingendo di non sapere che l'uomo stava ascoltando la bizzarra conversazione al di là della parete.

(Epopea di Gilgamesh-Tavoletta XI)
Enki avverte Utnapishtim delle intenzioni di Enlil di sterminare il genere umano e gli da istruzioni per costruire un'arca
Le loro informazioni (quest'ultimo) però le rivelò ad una capanna.
"Capanna, capanna! Parete, parete!
Capanna, ascolta; parete, comprendi!
Uomo di Shuruppak, figlio di Ubartutu,
abbatti la tua casa, costruisci una nave,
abbandona la ricchezza, cerca la vita!
Disdegna i possedimenti, salva la vita!
fai salire sulla nave tutte le specie viventi!
La nave che tu devi costruire 
-le sue misure prendi attentamente,
eguali siano la sua larghezza e la sua lunghezza - ;
tu la devi ricoprire come l'Apsu".
Io compresi e così io parlai al mio signore Enki:
"L'ordine, mio signore, che tu mi hai dato,
l'ho preso sul serio e lo voglio eseguire.
Che cosa dico però alla città, agli artigiani e agli anziani?
Enki aprì la sua bocca, così parlò a me il suo servo:
"Tu, o uomo, devi parlare loro così:
'Mi sembra che Enlil sia adirato con me;
perciò non posso vivere più nella vostra città
non posso più porre piede sul territorio di Enlil.
Per questo voglio scendere giù nell'Apsu,
e là abitarecon il mio signore Enki.
Su di voi però Enlil farà piovere abbondanza,
abbondanza di uccelli, abbondanza di pesci.
Egli vi regalerà ricchezza e raccolto.
Al mattino egli farà scendere su di voi focacce,

di sera egli vi farà piovere una pioggia di grano".

Nell'episodio del diluvio contenuto nell'epopea di Gilgamesh c'è la chiave per capire alcune incongruenze contenute nel testo Biblico. Nella Genesi biblica, in occasione dell'episodio dedicato al diluvio, il Signore viene descritto a tratti furioso e a tratti compassionevole. 



(Bibbia, Genesi 6,5-7)

Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo.
Il Signore disse: «Sterminerò dalla terra l’uomo che ho creato: con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d’averli fatti»

(fonte traduzione http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Genesi6%3A1-8&formato_rif=vp)

In questi versi della Bibbia (e non sono certo gli unici) viene descritto un Dio iracondo, ben diverso dall'entità onnisciente che tutto vede e tutto sa descritta dalla dottrina cattolica. Al contrario possiede sentimenti umani, si addolora nel vedere la malvagità insita nell'animo umano e si pente di aver creato l'uomo. Dunque è un Dio che può anche commettere degli errori e cambiare idea, ed è ciò fa vedendo Noè, un uomo giusto che viveva seguendo la sua parola. E' il cosiddetto "antropomorfismo divino" che domina tutta la genesi e gran parte della Bibbia.

(Bibbia, Genesi 6,9-12)
Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. Noè generò tre figli: Sem, Cam, e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la terra ed ecco essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra.

Il Signore tornò sulle sue decisioni e decise di salvare dalla distruzione Noè e la sua famiglia. Gli diede precise istruzioni per superare la catastrofe e per preservare dalla distruzione ogni specie animale e vegetale. Dalla descrizione degli eventi emerge la figura di un Dio che sembra avere una doppia personalità, da un lato è irascibile e non si fa alcuno scrupolo all'idea di cancellare ogni forma di vita dalla terra, dall'altra è compassionevole e desideroso di preservare dalla distruzione il seme della vita, salvando Noè e la sua famiglia. L'incongruenza è evidente e lo è ancora di più se si considera che sono stati i figli di Noè scampati al diluvio a ripopolare la terra, nonostante quest'ultimi fossero afflitti dagli stessi difetti del resto dell'umanità. Dopo aver letto la vicenda del diluvio contenuta nell'epopea di Gilgamesh che vede Utnapishtim protagonista, appare chiaro il motivo della doppia personalità del Dio descritto nella Bibbia. I racconti che compongono l'epopea di Gilgamesh sono precedenti alla composizione della Sacra Bibbia, è per ciò evidente che quest'ultima abbia assorbito miti arcaici descritti in testi più antichi. Nei testi più antichi, così come nell'epopea di Gilgamesh, sono molte le divinità che hanno un ruolo all'interno dei fatti descritti e tutte hanno personalità diverse, come nel caso di Enlil e il fratello Enki, il prim vuole distruggere il genere umano, il secondo lo vuole salvare. Nella composizione della Genesi biblica l'adattamento di un racconto politeistico a una nuova versione monoteistica ha fatto si che le azioni compiute da più divinità diventassero quelle di uno solo, con evidenti contraddizioni nelle sue azioni. E' per questo motivo che il Signore biblico in certe situazioni sembra avere una doppia personalità.

(Epopea di Gilgamesh-tavoletta XI)
La costruzione dell'arca
Appena l'alba spuntò,
si raccolse attorno a me tutto il paese; 
il falegname portò la sua ascia,
il giuncaio portò il suo ...
I giovani uomini [ ]
le case [ ] le mura di mattoni.
I fanciulli portarono pece. 
Il povero [ ] portò il necessario.
Al quinto giorno disegnai lo schema della nave;
la sua superficie era grande come un campo,
le sue pareti erano alte 120 cubiti.
Il bordo della sua copertura raggiungeva anch'esso 120 cubiti.
Io tracciai il suo progetto, feci il suo modello:
suddivisi la superficie in sei comparti,
innalzai fino a sette piani.
La sua base suddivisi per nove volte.
Nel suo mezzo infissi pioli per le acque;
scelsi le pertiche e approntai tutto ciò che serviva alla sua costruzione:
tre sar di bitume grezzo versai nel forno,
tre sar di bitume fine impiegai;
tre sar di olio portarno le persone portatrici dei canestri.
Tranne un sar di olio che il niqqu ha consumato,
e due sar di olio messi da parte dal marinaio.
Come approvvigionamento macellai buoi,
giorno dopo giorno uccisi pecore;
mosto, birra, olio e vino
gli artigiani bevvero come fosse acqua del fiume,
essi celebrarono una festa come se fosse la festa del Nuovo Anno!
Al sorgere del sole io feci un'unzione;
al tramonto la nave era pronta.
Il varo della nave fu molto difficile;
corde per il varo furono lanciate sopra e sotto;
due terzi di essa stavano sopra la linea d'acqua.
Tutto ciò che io possedevo lo caricai dentro:
tutto ciò che io possedevo di argento lo caricai dentro,
tutto ciò che io possedevo di oro lo caricai dentro,
tutto ciò che io possedevo di specie viventi le caricai dentro:
sulla nave feci salire tutta la mia famiglia e i miei parenti,
il bestiame della steppa, gli animali della steppa,
tutti gli artigiani feci salire.
L'inizio del diluvio me lo aveva indicato Shamash:
"Al mattino farò scendere focacce, la sera farò piovere
una pioggia di grano;
allora sali sulla nave e chiudi la porta!".
(fonte traduzione http://www.homolaicus.com/storia/antica/gilgamesh/tavola_11.htm#com1)


Nell'epopea di Gilgamesh, come nella Bibbia, il diluvio ha un carattere punitivo, anche se sono diversi i motivi che spingono gli dèi Anunnaki e il Signore biblico a compiere un gesto così estremo. Nella Bibbia gli uomini (antichi giganti) vengono puniti per la loro malvagità, perché ogni disegno concepito dai lori cuori non era altro che male. Nell'epopea di Gilgamesh invece si fa riferimento alla "rumorosità" del genere umano. Va ricordato che nella mitologia babilonese gli dei erano divisi in due categorie. Come descritto nell'ATRAHASIS, un'opera accadica di origine sumera, le due categoria erano composte da Igigi e Anunnaki, dove i primi erano subordinati ai secondi e lavoravano nei campi per fornire ai superiori tutto ciò di cui avevano bisogno. Gli Igigi erano esasperati dal duro lavoro a un certo punto si rifiutarono di lavorare, scontrandosi duramente con Enlil uno dei principali componenti dell'aristocrazia Anunnaki. Fu allora che intervenne Enki, il fratello di Enlil, che mise in accordo tutti creando un sostituto che lavorasse nei campi al posto degli Igigi. Creò l'uomo, una creatura che dalla terra nasce e alla terra torna quando muore. Siccome la decisione di distruggere il genere umano appare uno sconsiderato capriccio visto l'importanza di quest'ultimo nell'equilibrio tra Anunnaki e Igigi, il termine "rumorosità" potrebbe anche essere reinterpretato, vedendo nella rumorosità dell'uomo un aumento della popolazione e un progresso intellettivo, tramite cui l'uomo tentava di rendersi indipendente dalla volontà divina.

(Epopea di Gilgamesh-tavoletta XI)
L'arrivo del diluvio
Venne il momento indicato: 
al mattino scesero focacce, la sera una pioggia di grano.
Io allora osservai le fattezza del giorno:
al guardarlo, il giorno incuteva paura.
Entrai dentro la nave e sprangai la mia porta.
Al marinaio Puzur-Amurri, il costruttore della nave,
regalai il palazzo con tutti i suoi averi.
Appena spuntò l'alba,
dall'orizzonte salì una nuvola nera.
Adad all'interno di essa tuonava continuamente,
davanti ad essa andavano Shullat e Canish;
i ministri percorrevano monti e pianure.
Il mio palo d'ormeggio strappò allora Erragal.
Va Ninurta, le chiuse d'acqua abbatte.
Gli Anunnaki sollevano fiaccole,
con la loro luce terribile infiammano il paese.
Il mortale silenzio di Adad avanza nel cielo,
in tenebra tramuta ogni cosa splendente.
Il paese come un vaso egli ha spezzato.
Per un giorno intero la tempesta infuriò,
il vento del sud si affrettò per immergere le montagne nell'acqua:
come un'arma di battaglia la distruzione si abbatte
sugli uomini.
A causa del buio il fratello non vede più suo fratello,
dal cielo gli uomini non sono più visibili.
Gli dei ebbero paura del diluvio,
indietreggiarono, si rifugiarono nel cielo di An.
Gli dei accucciati come cani si sdraiarono la fuori!
Ishtar grida allora come una partoriente,
si lamentò Belet-Ili, colei dalla bella voce:
"Perché quel giorno non si tramutò in argilla,
quando io nell'assemblea degli dei ho deciso il male?
Perché nell'assemblea degli dei ho deciso il male,
dando, come in guerra, l'ordine di distruggere le mie genti?
Io proprio io ho partorito le mie genti
ed ora i miei figli riempiono il mare come larve di pesci".
Allora tutti gli dei Anunnaki piansero con lei.
Gli dei siedono in pianto.
Secche sono le loro labbra; non prendono cibo!
Sei giorni e sette notti
soffia il vento, infuria il diluvio, l'uragano livella il paese.
Quando giunse il settimo giorno, la tempesta, il diluvio
cessa la battaglia,
dopo aver lottato come una donna in doglie.
Si fermò il mare, il vento cattivo cessò e il diluvio si fermò.
Io osservo il giorno, vi regna il silenzio.
Ma l'intera umanità è ridiventata argilla.
Come un tetto è pareggiato il paese.

(fonte traduzione http://www.homolaicus.com/storia/antica/gilgamesh/tavola_11.htm#com1)

(Epopea di Gilgamesh-tavolettaXI)
La missione esplorativa degli uccelli
Aprii allora lo sportello e la luce baciò la mia faccia.
Mi abbassai, mi inginocchiai e piansi.
Sulle mie guance scorrevano due fiumi di lacrime.
Scrutai la distesa delle acque alla ricerca di una riva:
finché ad una distanza di dodici leghe non scorsi un'isola.
La nave si incagliò sul monte Nisir.
Il monte Nisir prese la nave e non la fece più muovere;
un giorno, due giorni, il monte Nisir prese la nave
e non la fece più muovere;
tre giorni, quattro giorni, il monte Nisir prese la nave
e non la fece più muovere;
cinque giorni, sei giorni, il monte Nisir prese la nave
e non la fece più muovere.
Quando giunse il settimo giorno,
feci uscire una colomba, la liberai.
La colomba andò e ritornò,
un luogo dove stare non era visibile per lei, tornò indietro.
Feci uscire una rondine, la liberai;
andò la rondine e ritornò,
un luogo dove stare non era visibile per lei, tornò indietro.
Feci uscire un corvo, lo liberai.
Andò il corvo e questo vide che l'acqua ormai rifluiva,
egli mangiò, starnazzò, sollevò la coda e non tornò.




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